Cos’è il malessere psicologico


Cosa intendiamo per “malessere” o “disagio” psichico?"
Cosa significa stare male “psicologicamente”?
Cos’è la sofferenza mentale?

Il malessere psichico è diverso a seconda della persona che lo vive: non è possibile darne una definizione generica, perchè la sofferenza è legata inestricabilmente a colui/colei che la prova. Ognuno di noi è portatore di una sua propria sofferenza che si colora di infinite e cangianti sfumature legate non soltanto alla sua unicità individuale, ma anche al contesto di vita e al momento storico in cui si trova.


Tutti noi siamo portati a pensare che la sofferenza mentale sia una parte totalmente negativa dell’esistenza: va eliminata, cancellata, rifuggita.
Chi oserebbe negarlo?
Ai giorni nostri, “la ricerca della felicità” sembra essere l’imperativo categorico che domina ogni aspetto della nostra esistenza, e tutto quello che rimanda a sentimenti negativi tende ad essere relegato in una “zona cieca” che raramente si ha voglia di portare alla luce.


Esistono però alcuni casi in cui la sofferenza mentale e il malessere psichico racchiudono in sé un significato profondo, che ha a che fare con l’essenza della persona, e possono quindi essere considerati come dei campanelli d’allarme che ci invitano ad ascoltarci e ad ascoltare:


  • Una parte importante di noi che abbiamo messo a tacere e che preme per venire fuori,
  • Una risorsa interiore che lasciamo inutilizzata,
  • Un desiderio di cambiamento che continuiamo a rimandare,
  • Una paura che ci tiene bloccati in una dimensione “grigia” della nostra esistenza,
  • Oppure ancora un disagio che fa parte di noi da sempre e che non abbiamo mai avuto il coraggio di affrontare.

Allora, in tutti questi casi, scegliere di fare i conti con quella parte di noi e di concederle finalmente voce e spazio può essere salvifico, e può auspicabilmente condurci ad avere una vita più felice.


Ci vuole molta forza per chiedere aiuto.


E molto coraggio per affrontare la paura del cambiamento.


Ma vale sempre la pena tentare.


Non siamo qui per addentrarci nell’ ambito del cos’è una diagnosi psicologica né per elencare le categorie dei disturbi psichici (sono davvero tante e complesse), tuttavia è possibile individuare alcune aree generali in cui riconoscere il proprio malessere o quantomeno alcuni aspetti.


Questo può essere d’aiuto a chi soffre per diversi motivi:

  • ✔️ Permette alla persona di riconoscere e collocare il proprio malessere all’interno di un’idea condivisa;
  • ✔️ Diminuisce la sensazione di distanza tra sé e il mondo;
  • ✔️ Allevia il senso di solitudine e di “incurabilità” che spesso rendono la percezione del disagio psichico ancora più grande e difficile da affrontare.

    • Disturbi d’ansia e fobie


      Con il termine Ansia ci si riferisce a una forte emozione di paura in assenza di un pericolo evidente, che comporta una componente cognitiva ed emozionale (pensieri catastrofici e sentimenti ad essi connessi) e una componente somatica di attivazione fisiologica (fiato corto, sensazione di “nodo in gola”, accelerazione del battito cardiaco, senso di vertigine, aumento della sudorazione).


      L’ansia si configura come disturbo pervasivo quando tende a dilagare per tutto il tempo e lo spazio dell’esistenza della persona, compromettendone ogni aspetto, da quello relazionale a quello professionale. Diventa quindi elemento preponderante sia del presente, impedendo alla persona di vivere, lavorare e godere del qui e ora, sia del futuro, come anticipazione catastrofica di ciò che dovrà/potrà essere.


      Chi ne soffre sperimenta spesso la spiacevole sensazione di non essere più padrone della propria vita, e di dover farsi carico quotidianamente e strenuamente di una fatica mentale e fisica che non lo abbandona mai.


Le Fobie, che sono una delle svariate manifestazioni dell’ansia, fanno riferimento alla paura legata ad un determinato oggetto o situazione associata ad un comportamento di evitamento degli stessi.


Eccone alcuni esempi:


  • ✔️ Agorafobia (paura degli spazi aperti)
  • ✔️ Fobia sociale (timore di essere osservati e giudicati negativamente dagli altri)
  • ✔️ Claustrofobia (paura degli spazi chiusi)
  • ✔️ Aerofobia (paura di volare in aereo)
  • ✔️ Belonefobia (paura degli aghi e delle siringhe)
  • ✔️ Fobie di determinati animali

    • e innumerevoli altre fobie specifiche.


      Nell’ambito della complessità e della specificità di ciascuna fobia, l’elemento che le accomuna tutte è l’aspetto invalidante e di profonda sofferenza che pervade l’intera esistenza e le relazioni della persona che ne soffre.


      Attacchi di panico e Disturbo da stress post-traumatico


      L’Attacco di panico è un evento che dura generalmente solo pochi minuti, ma provoca un intenso stato di allarme e una considerevole angoscia in chi ne soffre.


      I sintomi fisici più comuni sono tremore, senso di soffocamento, tachicardia, sudorazione e capogiri, ma ciò che lo connota in maniera fortemente negativa, è la sensazione di morte imminente, il pensiero lucido ma irrazionale di trovarsi sull’orlo di un baratro, l’idea di non avere nessuna via di scampo.


      In molti casi l’insorgenza degli attacchi di panico può essere collegata all’incidenza di eventi esistenziali stressanti, ma in altrettanti altri casi è molto difficile per la persona riuscire a rintracciarne le cause in avvenimenti concreti o elementi connessi alla realtà, perche queste hanno a che fare con il significato inconscio che ognuno di noi attribuisce agli aspetti più disparati della vita.


      Ciò contribuisce ad alimentare il senso di confusione e smarrimento che gettano la persona in un vortice di paura e ansia anticipatoria, inducendola a preoccuparsi costantemente di quando e dove avverrà l’attacco successivo.


      Per difendersi si troverà quindi costretta ad evitare un numero sempre maggiore di situazioni e/o persone e, di fatto, a costruirsi una vera e propria “gabbia” con orizzonti di vita notevolmente stretti e limitati.


Il Disturbo da stress post-traumatico colpisce le persone che hanno vissuto o sono state testimoni di uno o più eventi fortemente traumatici legati alla morte, oppure che hanno vissuto intensa paura, impotenza o terrore in seguito a una o più situazioni di danno grave e/o minaccia della integrità fisica propria e/o di una persona cara.


L’esperienza emotiva legata a questo disagio è caratterizzata da sentimenti di dolore o tristezza, senso di colpa per i propri impulsi di rabbia, paura di diventare distruttivi, vergogna riguardo ai propri sentimenti di impotenza e vuoto, senso di colpa per essere sopravvissuti, paura di identificarsi nel ruolo di vittima.


Disturbo ossessivo-compulsivo


Anche il Disturbo ossessivo-compulsivo rientra nella più generale categoria dei disturbi d’ansia, ed è caratterizzato da due elementi:


le ossessioni sono pensieri ricorrenti e persistenti, che tendono ad “affollare” la mente e richiedono un ingente dispendio di energie mentali;


le compulsioni sono dei veri e propri rituali di comportamento rigidi e ripetitivi, messi in atto con lo scopo di ridurre una grave angoscia. I più comuni riguardano verifiche che “tutto sia a posto” e rituali di pulizia e decontaminazione.


Questi sintomi tendono ad aumentare o a diminuire di intensità e frequenza in relazione alla presenza o assenza di stress e tensione.


Aspetto fondamentale è la dimensione del controllo: la persona investe gran parte delle sue energie mentali e fisiche sul mantenimento del controllo della realtà e degli eventi della propria vita, prefigurandosi con profonda angoscia e costante preoccupazione le conseguenze catastrofiche causate dalla eventuale perdita di questo controllo.


Depressione


Per il celebre statista e primo ministro britannico Winston Churchill la Depressione era un “cane nero” che lo ha accompagnato a fasi alterne per l’intero corso della sua esistenza: “E’ come se tutti i colori scivolassero via dalla tela” diceva quando veniva assalito da uno dei momenti acuti del disturbo, e “Finalmente tutti i colori tornano in scena” quando poi riusciva a riprendersi.


Nel linguaggio comune con il termine Depressione si fa riferimento a uno stato di abbassamento del tono dell’umore che può abbracciare l’intero spettro del disagio e della salute mentale e può presentarsi in forme più leggere in certi periodi di stress anche in persone fondamentalmente sane. E’ quindi uno stato affettivo che può variare da leggero a profondo, da esperienza sfumata a disturbo gravemente disabilitante.


La Depressione si connota come un vero e proprio disturbo qualora si impone quale elemento fondante della personalità e della vita della persona, interferendo con il normale funzionamento lavorativo, scolastico e relazionale.


Chi ne soffre sente di aver perso piacere e interesse per le cose della vita, avverte un calo delle energie e della concentrazione e si ritrova suo malgrado a convivere costantemente con sentimenti cronici di colpa e di impotenza, una autostima molto bassa, una propensione all’autocritica, all’autosvalutazione e all’autopunizione, una tendenza alla disperazione, alla rinuncia e alla rassegnazione, “perché le cose non cambieranno mai”. Nelle forme più estreme la sofferenza è cosi invasiva e insopportabile da condurre a tentativi autolesivi o a pensieri suicidari.


La Depressione post-partum, nota anche come Baby blues, è una particolare forma di depressione che colpisce molte donne entro la quarta settimana dopo il parto. Solitamente transitorio e di breve durata, è un fenomeno connesso ai flussi ormonali associati alla nascita del bambino.


I principali sintomi da riconoscere sono: sentimenti di malinconia e tristezza, disturbi del sonno, irritabilità, inquietudine e ansietà, senso di spossatezza, tendenza al pianto, inappetenza.


Accanto all’aspetto biologico di questa condizione, non va assolutamente trascurato quello psicologico ed emotivo: la neomamma si trova infatti ad affrontare uno dei cambiamenti più profondi e significativi della propria vita, a stravolgere le attività, le abitudini e i ritmi del suo quotidiano, a rinunciare (almeno temporaneamente) al perseguimento dei propri interessi individuali, nonché ad assumere su di sé la responsabilità dell’esistenza stessa di un altro essere umano, totalmente dipendente da lei e dalle sue cure.


Disturbi psicosomatici (o di somatizzazione)


Nella categoria dei Disturbi psicosomatici rientrano tutte quelle condizioni di sofferenza fisica, come dolore, spossatezza, disturbi gastrointestinali, patologie della pelle e in generale tutti quei sintomi somatici che non hanno una spiegazione medica evidente. Parallelamente all’infruttuosa ricerca di una diagnosi organica, la sofferenza è autentica e spesso la preoccupazione per la propria salute assume un ruolo centrale della vita della persona, della sua identità e delle sue relazioni interpersonali.


Una nota manifestazione di questa categoria è l’ Ipocondria, e cioè la convinzione fortemente angosciante di essere affetti da una grave malattia e di poter morire da un momento all’altro. La tendenza della persona ipocondriaca è quella di investire di un’attenzione spropositata financo il più trascurabile e leggero sintomo fisico e di passare da una visita medica all’altra nel vano tentativo di placare l’angoscia.


Crisi familiare e di coppia


I legami con le persone care, in particolare la relazione di coppia e quella tra genitori e figli, hanno un impatto significativo sul benessere e sulla qualità della vita di ciascuno di noi.


I problemi nella Relazione di coppia possono riguardare:

  • ✔️ Una crisi contestuale che i partner hanno difficoltà a risolvere da soli;
  • ✔️ La necessità di affrontare un conflitto che mina l’equilibrio e il benessere della coppia;
  • ✔️ Le difficoltà incontrate nel prendere in considerazione una eventuale separazione;
  • ✔️ La richiesta di un aiuto nell’accettazione e nell’elaborazione della stessa.

Le difficoltà nella Relazione tra genitori e figli spesso comportano una compromissione del funzionamento delle persone coinvolte in ambito comportamentale, lavorativo, scolastico, cognitivo e/o affettivo.


Non è raro quindi trovarsi a fare i conti con un’ampia gamma di comportamenti accompagnati da reazioni emotive sia nei genitori che nei figli, come ad esempio:


  • ✔️ inadeguato/scarso controllo o, all’opposto, eccessiva pressione genitoriale;
  • ✔️ scarso coinvolgimento del bambino/ragazzo nella vita familiare;
  • ✔️ ostilità verso gli altri;
  • ✔️ calo del rendimento scolastico;
  • ✔️ sentimenti di alienazione, tristezza e apatia;
  • ✔️ difficoltà nella comunicazione e conflitto intrafamiliare.

Lutto


Affrontare un evento luttuoso comporta sentimenti di intensa tristezza e dolore, nostalgia per la persona che è venuta a mancare, senso di vuoto per lo “spazio” che quella persona occupava nel proprio mondo relazionale ed emotivo.


Il processo di elaborazione di un Lutto è un percorso graduale e soggettivo, nel senso che ognuno ha il “suo modo” e il “suo tempo” per far fronte a quello che può essere definito un evento traumatico a tutti gli effetti.


E’ possibile tuttavia individuare in questo percorso alcune tappe (E. Kubler Ross, 1969) che tendono a ripetersi per la maggior parte delle persone:


  1. Fase della negazione o del rifiuto – Negazione della realtà della perdita (“Non è possibile, non ci credo”)
  2. Fase della rabbia – necessità di direzionare il dolore sottoforma di rabbia verso l’esterno (gli altri) o verso l’interno (se stessi), ritenendo il lutto un’ingiustizia (“Perché proprio a me?”)
  3. Fase della contrattazione – si cerca di “patteggiare” con la realtà per affrontare il problema (“Se supero questo evento, la vita non dovrà riservarmi altri dolori”)
  4. Fase della depressione – si prende consapevolezza della perdita e delle reali conseguenze che questa porta con sé, sperimentando intensa tristezza e dolore (“Non posso farcela, quello che ho perso era troppo importante”)
  5. Fase dell’accettazione – Si giunge all’elaborazione della perdita e a maturare l’idea che la morte è un evento inevitabile per tutti (“Adesso bisogna andare avanti”).

Disturbi alimentari


L’area dei Disturbi alimentari fa riferimento a tutte quelle situazioni in cui si ha un rapporto disfunzionale con l’alimentazione, e cioè una gamma di comportamenti che conducono ad un alterato consumo o assorbimento di cibo e che compromettono significativamente la salute fisica o il funzionamento psicologico e sociale della persona.


Gli stati affettivi delle persone con questo tipo di disturbi possono includere umore depresso, ritiro sociale, sentimenti di debolezza e vergogna, bassa autostima, paura dell’abbandono, sentimenti di rabbia e aggressività avvertiti come pericolosi, paura di perdere il controllo, ricerca del perfezionismo.


L’Anoressia e la Bulimia sembrano avere entrambe che fare con l’epoca contemporanea e con i modelli socialmente valorizzati e trasmessi dalla cultura di massa occidentale, che suggeriscono più o meno esplicitamente che l’apparenza esterna è assai più importante dell’identità interna.


L’Anoressia si caratterizza per una fanatica ricerca della magrezza in contrapposizione ad una opprimente paura di ingrassare. La significativa perdita di peso, dovuta a dei veri e propri “digiuni”, è spesso sentita come una grande conquista e un segno positivo di autocontrollo e disciplina. A ciò si associa il rifiuto di mantenere un peso corporeo nella norma e una distorsione importante nella percezione del proprio corpo.


La Bulimia comporta cicli di abbuffate (assunzioni di grandi quantità di cibo in un breve periodo di tempo) seguiti da condotte di evacuazione in cui si cerca di liberare il corpo dalle calorie assunte per evitare un aumento di peso. Al termine di questi cicli abbastanza regolari e ripetitivi, sopraggiungono severe autocritiche, senso di colpa e umore depresso, nonché la spiacevole quanto rifuggita sensazione di perdita di controllo.


ll Disturbo da Binge eating comporta invece episodi di abbuffate senza comportamenti di evacuazione. Le abbuffate si verificano di solito in seguito alla perdita di controllo e al bisogno di contenere e gestire in maniera inappropriata il sopraggiungere di un’emozione negativa. Queste avvengono inoltre in totale solitudine, poiché la persona cerca in tutti i modi di nascondere le proprie difficoltà con il cibo, a causa di intensi sentimenti di vergogna, colpa e disgusto verso se stessa.


L’Obesità (intesa come eccesso di grasso corporeo), essendo il risultato di un introito di calorie continuato ed eccessivo rispetto al consumo individuale, è correlata ad una serie di fattori genetici, fisiologici, comportamentali e ambientali che variano da un individuo all’altro, motivo per cui non può essere considerata un disturbo mentale. Ciò non toglie che l’obesità è spesso associata a condizioni di sofferenza psichica quali ad esempio depressione e binge eating, e non di rado provoca in chi ne è portatore intensi sentimenti di malessere, colpa, vergogna, autosvalutazione e bassa autostima, che compromettono in maniera importante ogni aspetto della vita quotidiana e delle relazioni di amicizia e di amore.


Dipendenze


Ognuno di noi è in qualche modo dipendente da qualcosa. La totale indipendenza non è né plausibile né auspicabile, perchè tutti siamo inseriti in un contesto socio-ambientale e relazionale a cui siamo connessi da legami di dipendenza e interdipendenza reciproca. Chi sente di non aver bisogno dell’empatia di un amico? O dell’approvazione di una persona che stima? O dell’amore di una persona cara? Tutto questo rientra nei sani meccanismi di regolazione della nostra autostima, lungi dall’essere fonte di ansia o preoccupazione.


Soffrire di una Dipendenza significa invece provare a fronteggiare un disagio acuto e cronico attraverso l’uso di un “surrogato”, che permetta alla persona di padroneggiare la propria incapacità di regolare le proprie emozioni, la propria autostima e la cura di sé.


Questo surrogato può essere:


  • ✔️ una sostanza
  • ✔️ il gioco d’azzardo
  • ✔️ l’uso smodato di internet
  • ✔️ lo shopping compulsivo
  • ✔️ una persona a cui si è legati affettivamente
  • ✔️ oppure un qualsivoglia oggetto o comportamento che venga utilizzato, nella maggioranza dei casi inconsciamente, per migliorare, controllare, cambiare o attenuare esperienze affettive percepite come troppo intense, confusive e intollerabili.

La persona che soffre di una dipendenza ha la percezione più o meno inconsapevole di non essere in grado di occuparsi adeguatamente di sé e delle proprie emozioni, e delega quindi una funzione che dovrebbe essere all’ interno di sé a qualcosa o qualcuno che si trova invece all’esterno di sé.


Disturbo paranoide


Soffrire di un Disturbo Paranoide implica uno stile pervasivo di pensare, sentire e relazionarsi con gli altri particolarmente rigido e invariante, caratterizzato dalla strenua ricerca di “significati oscuri” che vadano oltre la realtà per come appare.


La persona sperimenta una pervasiva sfiducia e sospettosità nei confronti degli altri, a cui vengono spesso attribuite intenzioni e comportamenti minacciosi, l’idea ossessiva di venire traditi dagli amici o dal partner, nonché l’aspettativa costante di essere in qualche modo sfruttati e danneggiati dagli altri.


Il vissuto emotivo è molto doloroso e angosciante, perché la persona trascorre la maggior parte del suo tempo in uno stato di allerta e controllo ipervigile di tutto ciò che lo circonda.


Disturbo narcisistico


Chi non ha mai sentito parlare del mito di Narciso?


Un uomo bellissimo e crudele, che rifiuta e umilia chiunque gli dimostri amore, finchè gli dei decidono di punirlo facendolo innamorare della propria immagine riflessa su uno specchio d’acqua.


Una volta compreso che il suo amore non potrà mai essere ricambiato, si strugge a tal punto nella contemplazione di se stesso, che trova la morte cadendo nell’acqua.


Una certa quota di Narcisismo non soltanto è per così dire “normale”, ma anche auspicabile, poiché l’amor proprio e l’autostima sono fondamentali per il benessere psicofisico.


Quando allora questo aspetto può diventare la spia di un qualcosa di più profondo e disturbante?


La risposta è:


  • ✔️ quando la modalità di affermare la propria grandiosità diventa pervasiva
  • ✔️ quando il bisogno di ammirazione è eccessivo e spasmodico
  • ✔️ quando la mancanza di empatia nei confronti degli altri sfocia nello sfruttamento interpersonale
  • ✔️ quando ci si sente feriti con troppa facilità e gli insuccessi vengono percepiti come eccessivamente dolorosi e umilianti
  • ✔️ infine quando la persona è talmente assorbita da fantasie di successo illimitato, potere, bellezza e amore ideale riguardo a se stessa, da deprezzare qualsiasi richiesta proveniente dagli altri con atteggiamenti e comportamenti arroganti e sprezzanti.

Ciò che non va assolutamente trascurato è la dimensione di intensa sofferenza personale, legata ad una sorta di “incapacità di amare e di essere ricambiati nell’amore”, che getta la persona in uno stato di profondo sconforto e di cronica insoddisfazione.


Disturbo evitante


Chi ne soffre desidera ardentemente stringere autentiche relazioni interpersonali, ma al contempo ne è terribilmente spaventato.


Evita quindi le occasioni sociali e di incontro con gli altri perché teme i pervasivi sentimenti di umiliazione, fallimento e dolore connessi ad un eventuale rifiuto.


L’immagine che si ha di sé è quindi quella di una persona inadeguata, socialmente incapace e priva di fascino agli occhi degli altri, da cui ci si può aspettare soltanto critiche, giudizi negativi e rifiuti.


La sofferenza profonda risiede proprio nella scelta di privarsi di qualcosa di tanto desiderato e di rinchiudere se stessi in una dolorosa condizione di isolamento e solitudine apparentemente senza vie di uscita.